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Immagina di essere a Londra nel 1884 ed entrare all’Esposizione Internazionale per la Salute. In una sala intitolata “Anthropometric Laboratory” ti imbatti nello scienziato Francis Galton, cugino di Darwin, mentre misura la forza con cui una donna tende un arco, la lunghezza delle braccia di un bambino, l’altezza di un uomo. Galton ripete queste e altre misurazioni su più di 9000 visitatori e le raccoglie in un catalogo “antropometrico”, parola che deriva dal greco e significa “misurazione dell’uomo”.
Ispirato dal lavoro di Darwin sulla sopravvivenza del più adatto, Galton teorizza che la razza umana possa essere “migliorata” tramite l’accoppiamento di individui di stirpi “superiori”. Proprio a partire dal catalogo antropometrico, vuole classificare la popolazione e individuare caratteristiche “desiderabili” degli individui, scegliendole in base a criteri classisti e razzisti. Ad esempio considera l’intelligenza, che associa al pensiero astratto e all’energia, un tratto altamente desiderabile, e il test che hai davanti è un esempio dei metodi che usava per misurarla.
Galton chiama la sua teoria “eugenetica”, termine che deriva dalle parole greche “eu” e “ghènos”, cioè “buona stirpe”. L’eugenetica non è rimasta solo una teoria: ha tracciato la strada che ha portato alle politiche razziste del Novecento, culminate negli orrori del nazismo.